headerTPM
scoutOtt

India - Calcutta



CALCUTTA: DOVE L'AMORE FA MIRACOLI


Il quarto campo di lavoro organizzato dal clan rover della Tre Pini di Massagno si è tenuto a Calcutta a partire dal 27 dicembre. Raccontare cosa abbiamo fatto nelle due settimane è un’impresa ardua e pressoché impossibile. Mi affido quindi a due post (ne abbiamo pubblicati un’ottantina tutti meritevoli di essere pubblicati) che Seba e Vitti hanno scritto nel blog http://notiziedacalcutta.blogspot.com/ creato per permettere ai partecipanti di condividere giorno per giorno le emozioni, le sensazioni, le esperienze con i propri familiari e gli amici.
Maurizio


tpm

Fuori programma a Prem Dan


Mentre stiamo aiutando a distribuire i sacchetti regalo agli uomini-cavallo a Shishu Bhawan un omino mi avvicina. Apparentemente sembra uno di loro, ma chiede altro. Mi dice di aver bisogno di cambiare le fasciature ai piedi e alle gambe. Non aveva dormito tutta la notte per i dolori causati dai vermi che ha nelle ferite.

Subito penso di portarlo alla Casa madre, a pochi minuti di distanza a piedi, e così mi incammino con lui. Procede a stento e continua a ringraziarmi per l’attenzione che gli dò. Purtroppo alla Casa madre le suore mi dicono di andare a Prem Dan (dove non sono ancora stato!) e così, senza pensarci troppo, fermo un risciò pensando che non sia tanto lontano.


tpm

tpm

In pochi minuti mi ritrovo lontano dalle poche strade a me familiari, in stradine secondarie intasatissime, solo europeo tra centinaia di indiani stupiti della mia presenza. Notando che il viaggio sta durando troppo e che entro sempre più nell’ignoto rimpiango di essermi allontanato dal gruppo, ma sento anche di dover aiutare quest’uomo. Fortunatamente parla un inglese più comprensibile della media, così riesco a carpire qualche cosa della sua vita trascorsa tutta sulle strade di Calcutta. Dopo la morte dei suoi genitori, quando era ancora un bambino, è rimasto solo. Adesso ha 35 anni (io penso che ne abbia almeno 45). Ha fame, così gli offro un farmer, ma poi mi accorgo che ha i denti troppo distrutti per poterlo masticare.


Dopo circa mezz’ora di viaggio (io ho completamente perso il senso dell’orientamento) l’uomo-cavallo si ferma. Temo che ci siamo persi, ma lui deve solo fare i suoi bisogni. Li fa disinvoltamente, sulla strada. Riprendiamo il viaggio e tra uno slalom e l’altro osservo come in un film un susseguirsi di baracche, viuzze, venditori di strada, mendicanti, moto- e bici-risciò immersi in un caos incredibile di clacson, grida e rumori del traffico. Continuo a parlare con l’uomo. Gli dico che vengo dalla Svizzera e seppur non sappia dove si trovi mi sorride e dice che è un bel posto. Non vuole soldi, vorrebbe che gli dessi un lavoro. Dice che sono un angelo, che potrei fare il signore ed invece vengo a Calcutta ad aiutare i poveri. Sono imbarazzato, non so cosa rispondergli, gli sorrido.


tpm

Finalmente arriviamo a Prem Dan, mi aprono il cancello, ma posso entrare solo io. Parlo con una suora poi con un’altra. Conoscono già il mio paziente, non è abbastanza grave per restare, però una volontaria gli farà la medicazione, gli daranno un pasto e poi dovrà andare. Preferiscono che io vada prima per evitare che ritorni da me a chiedermi altro. Lo saluto, ringrazia e con un sorriso mi dice: “pregherò per te”. Con lo stesso uomo-cavallo ritorno velocemente a Shishu Bhawan dagli altri. Non ho più monete di taglio piccolo per pagarlo, gli do 100 rupie (2 franchi) e non finisce di ringraziarmi. Sono stato via due ore, la giornata è appena cominciata.

Seba




Prem Dan: “I thirst”


tpm

Sono andata a Calcutta con un gruppo di scaut adulti della mia sezione che da alcuni anni organizza dei campi di lavoro in zone povere del mondo. Quest’anno abbiamo deciso di scoprire il mondo dove Madre Teresa ha fondato l’ordine delle Missionarie della Carità e dove ha vissuto per tutta la vita. Abbiamo lavorato come volontari all’interno di Prem Dan, una delle case dove operano le suore di Madre Teresa aiutate da molte donne indiane. Nonostante la lunga preparazione tramite libri, filmati e testimonianze, l’impatto con il mondo di Prem Dan è stato scioccante.


Noi quattro ragazze (Bab’s, Simo, Tina ed io) ci siamo ritrovate al lavatoio con un viso pallido ed angosciato. Non riuscivamo a dire nulla e ci tremavano le gambe. In cortile infatti stavano i pazienti uomini che sembravano quasi formare un’esposizione dell’orrore: un uomo con un collo enorme (come avesse ingoiato due pompelmi), un altro col viso pieno di grosse bolle, uno mutilato, uno senza dita, alcuni visibilmente disturbati. Avevamo paura di vedere le donne, radunate nelle verande vicino ai due stanzoni dove dormono. Alla fine del lavaggio panni però abbiamo dovuto affrontarle. Anche qui c’erano scene raccapriccianti: una giovane donna senza occhi né naso né labbro superiore bruciata dall’acido, una tutta storta su una sedia a rotelle arrugginita, una senza gambe su un carrellino con rotelle, una che per via del sole non riusciva a tenere gli occhi aperti, e così via.


gesti

tpm

All’inizio era davvero duro anche solo starsene in piedi in un angolo, poi cominci ad imitare una volontaria che spalma la crema su quei corpi rinsecchiti, o un’altra che mette lo smalto rosa acceso su decine e decine di unghie, porti un po’ d’acqua (in hindi si dice pani) a chi te lo chiede, ne accompagni una in bagno, ti avvicini a quella che ti ispira di più (o che ti fa meno paura) e le parli o le tieni la mano, o annuisci ai suoi chilometrici discorsi in lingue incomprensibili. Purtroppo nessuna sa l’inglese, quindi è impossibile stabilire delle conversazioni vere e proprie o scoprire la loro storia. Abbiamo saputo che con gli uomini invece era più facile comunicare perché tanti hanno bisogno di sapere un minimo di inglese per lavorare. Piano piano ci si abitua al funzionamento delle cose, ci si affeziona a una o all’altra, si cerca magari di imboccare sempre la solita (la maggior parte però mangia da sola con le mani, come è usanza in India), si prova a dare qualche consiglio alle volontarie più nuove.


Così si passa oltre l’orrore dei corpi e si trovano delle persone bisognose di affetto mentre nelle orecchie ci risuona il motto di Madre Teresa: “I thirst” (ho sete). È il grido di Gesù sulla croce e allo stesso tempo l’appello di tanti miseri che hanno sete soprattutto di amore e di attenzioni. Cerchi di metterti nei panni di Madre Teresa che vedeva Gesù in ogni uomo.



É stato un campo di lavoro molto particolare dove ci era chiesto semplicemente di essere presenti, di dare un po’ di attenzione e di affetto ai “più poveri fra i poveri”, che fino a poco tempo prima giacevano magari ai bordi di una strada, abbandonati ed ignorati da tutti. Le sensazioni e le emozioni provate sono moltissime, io cercherò di portarmi nel cuore due sguardi. Quello gioioso, entusiasta ed energico di Suor Adriana – Suora Missionaria della Carità da 30 anni – e quello sofferente, ma dolce e paziente di una giovane donna dal viso splendido che ho conosciuto a Prem Dan, costretta a letto con delle tremende piaghe da decubito sulla schiena e sulle anche. Spero che mi diano sempre forza ed entusiasmo, anche quando i ricordi di quest’avventura sbiadiranno.

Vittoria

gesti